domenica, settembre 10, 2006

Resmye Jebel è uscita dal Khiam, dove ha trascorso diversi periodi di detenzione. Il campo di detenzione del Khiam è fino in fondo un tipico carcere israeliano, non solo perché è controllato dagli israeliani, ma anche perché le pratiche di tortura fisica e psicologica dei prigionieri sono assolutamente identiche a quelle a quelle di tutte le carceri israeliane in Palestina. Prima di parlare della vita in carcere voglio parlare della vita quotidiana nei territori libanesi occupati da Israele. L'occupazione ha sconvolto la nostra vita, non abbiamo più potuto usufruire dei nostri servizi sanitari e per qualsiasi nostro spostamento, compresi quelli per andare a lavorare nei campi, la nostra principale fonte di sopravvivenza, abbiamo iniziato a dipendere dai permessi israeliani. Sono iniziate le perquisizioni e le intimidazioni: una delle abitudini preferite degli israeliani è quella di passare di notte a bussare alle porte della gente dicendo di essere della Resistenza. Se rispondi naturalmente vieni arrestato, se non rispondi e il giorno dopo non vai a denunciare che è passato qualcuno della Resistenza vieni arrestato ugualmente. Io sono stata arrestata per la prima volta nell'86. Sono stata portata davanti ad un ufficiale e a due soldati israeliani che hanno iniziato ad interrogarmi. Alla fine mi hanno chiesto di diventare una collaboratrice. Quando ho rifiutato mi hanno minacciato di abbattere la mia casa e di arrestare tutta la mia famiglia. L 'interrogatorio è durato due giorni e poi sono stata rilasciata dal carcere e messa agli arresti domiciliari. Tutti nel villaggio sono stati minacciati di arresto se avessero parlato con me. Nell'89 hanno arrestato mio fratello e picchiato tutta la mia famiglia. Dopo poco hanno arrestato anche mio padre e da quel momento le perquisizioni e i pestaggi sono stati pressoché quotidiani. Mia nipote a causa dello stress legato a queste continue aggressioni soffre di gravi problemi psichiatrici, probabilmente irreversibili. Poco dopo mi hanno arrestata di nuovo e mi hanno portata al Khiam, dove tre donne soldato israeliane mi hanno incappucciata con un sacco nero di plastica dall'odore schifoso e mi hanno legato le mani. Per umiliarmi, visto che sono religiosa, durante la perquisizione mi hanno tolto il velo di fronte agli uomini. Poi sono stata portata all'interrogatorio che è durato oltre 12 ore, finché hanno portato 2 fili elettrici e hanno iniziato con le scosse elettriche sulle mani e sul seno. La tortura con l'elettricità era resa ancora più atroce dalla minaccia di violentarmi di fronte alla mia famiglia. Erano 2 soldati israeliani a interrogarmi e torturarmi. Alla fine sono stata portata in una cella di nemmeno 70 centimetri e il mattino dopo, alle 6, è ricominciato l'interrogatorio con le stesse torture del giorno precedente, ma molto più intense, ad esempio le scosse elettriche erano rese più efficaci e dolorose bagnando la pelle con acqua fredda e calda. Alle scosse elettriche seguivano pestaggi di vario genere e simulazioni di impiccagioni che si interrompevano solo al limite dello strangolamento; ogni tanto facevano delle pause portandomi in bagno e costringendomi a inginocchiarmi e ad infilare la testa nel cesso. E' stato così tutti i giorni, per oltre un mese. La notte, quando pioveva, le guardie entravano nelle celle e ci portavano fuori e ci facevano stare sotto la pioggia, bendate. Quando è finito il periodo dell'interrogatorio, la situazione non è migliorata: non solo non sono migliorate le condizioni fisiche, ma in ogni cella c'era una collaboratrice. Nella mia cella eravamo in 6 e dovevamo dividere 2 litri d'acqua al giorno per bere e per lavarci. In questa situazione le malattie erano inevitabili: molte malattie della pelle ma anche problemi intestinali, reumatici, ginecologici ecc. Le cure mediche ci sono state totalmente negate.La situazione era ancora più dura per le anziane: molte di loro soffrivano di cuore e non erano in grado di sopportare ne la tortura, ne l'interrogatorio, ma venivano ugualmente torturate, e quando svenivano venivano picchiate finché non si svegliavano, veniva dato loro del valium e l'interrogatorio e la tortura ricominciavano. A causa dei pestaggi e delle scosse elettriche la nostra pelle cadeva a brandelli, e questo rendeva tutto ancora più doloroso. Il cibo era marcio e pieno di insetti, ma noi mangiavamo l0 stesso perché volevamo sopravvivere.Mi chiedo dove sono tutte queste associazioni per i diritti umani di cui sento parlare. Dopo che sono uscita dal Khiam, io e le mie compagne ci siamo rivolte alla Croce Rossa e ad altre associazioni, ma senza alcun risultato. Tra l'altro la maggior parte dei prigionieri del Khiam non ha nemmeno svolto attività nella resistenza: si tratta di civili che vengono presi nel tentativo di farne dei collaboratori, di familiari di combattenti, di gente qualsiasi. D: - Ci sono organizzazioni di base libanesi che si occupano della situazione dei prigionieri del Khiam?R. J. - Fino al '92 solamente Hezbollah si è occupato della situazione del Khiam, dopo è nata l’Associazione per i detenuti del campo di concentramento del Khiam, che cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale, ma anche nazionale, visto che pare che molti libanesi non sappiano o fingano di non sapere che questo carcere si trova a pochi chilometri dalle loro case. D: - All'interno del carcere sono state tentate forme di organizzazione tra i prigionieri?R. I. - No, le condizioni non lo permettono, ma l'associazione di cui parlavo è stata creata da ex prigionieri ed è il punto di riferimento dei prigionieri che escono dal Khiam. D: - Qual'è la divisione del lavoro all'interno del carcere tra l'esercito israeliano e l' E. S. L.? R. J. - Gli israeliani danno gli ordini e le guardie di Lahad li eseguono. Gli israeliani controllano i prigionieri e prescrivono se aumentare o mantenere stazionaria la tortura. Non ci sono dubbi su chi comanda! Il segretario generale di Hezbollah, Nashrallah, ha sfidato Lahad a iniziare la trattativa per la fine del conflitto se veramente ha un minimo di potere. Ma naturalmente sono gli israeliani che decidono cosa fare.(senza censura - novembre 1997) L’ingresso del campo di concentramento israelianodi Khiam (Libano) E-Mail: aine@aine.itCopyright ® 2005 Aine Cavallini - Firenze - ItalyTutti i diritti riservati.

noi siamo con israele e anche il lello e il mazzini e il bobby

Condivido l’ansia e i timori di Israele – afferma il Consigliere regionale di Forza Italia Fabio Filippi – per le notizie drammatiche che giungono in questi giorni . E’ inaudita l’aggressione programmata e portata a termine dal confine nord con il Libano, e da Sud, da Gaza. L’offensiva è partita da quei territori che il governo di Gerusalemme aveva volontariamente abbandonato in nome della pace, ma evidentemente non tutti la pensano allo stesso modo. Molti sono infastiditi dal fatto che Israele sia l’unica democrazia presente nei territori del Medio Oriente e vorrebbero distruggerla.” Nella recente riunione del G8 di San Pietroburgo è stato confermato il diritto di Israele di difendersi contro attacchi gravissimi, come l’assassinio e il rapimento di suoi soldati e di suoi cittadini. “La scelta – aggiunge Filippi – oggi è tra terrorismo e democrazia, come ha detto giustamente Berlusconi, noi, a differenza dei sedicenti pacifisti nostrani, non abbiamo dubbi nello schierarci dalla parte di Israele e del suo diritto di esistere.” Il Gruppo regionale di Forza Italia ha predisposto una risoluzione per esprimere la propria solidarietà allo Stato di Israele ed alla sua popolazione duramente colpita dagli attacchi terroristici da Libano e Gaza. Ha inoltre invitato il Governo italiano a condannare senza se e senza ma, gli attacchi perpetrati dalle milizie filo iraniane e filo siriane contro la democrazia israeliana, a condannare le parole espresse dal rais siriano e dal presidente iraniano finalizzate alla distruzione dello Stato ebraico. Nella risoluzione il gruppo di Forza Italia chiede di adoperarsi affinché vengano liberati i militari israeliani presi in ostaggio; che cessino i lanci di razzi e missili da Gaza e dal Libano. Infine si chiede che tutte le fazioni palestinesi accettino il riconoscimento dello Stato di Israele ed il ripudio della violenza; che sostengano le iniziative intraprese dal Governo israeliano e da alcune forze politiche palestinesi per realizzare l’obiettivo condiviso di “due popoli, e di due stati

La classe politica, questa enorme massa gelatirosa che si rimpizza della sua stessa vanesia brodaglia verbale, simulante discorsi gravi, è la fauna di scarto dello zoo mediatico. Si dovrebbe ad ella classe togliere la facoltà di nuocere al feto con la sua cosanostra verbale, prima che il gusto del bel diro si corrompisce in maniera superman, fossilizzandosi nelle sue immutabili litanie d'orrore. Che questi politici comunichino a gesti! anche se comprendo ciò faciliterebbe di gran lunga i leghisti, esperti gestanti, rispetto al resto della bandana (come dimenticar la dialettica fortebraccio di Bossi?) Il politico, geograficamente indifferenziato, fa tali scortesi violenze al linguaggio, che quasi equaglia quelle che infligge alla cosa pubblica. Prendiamo un modus indecentis che di questi tempi è sempre più in augen: l'Islam moderato, come unica contrapposizione all'Islam explotion, terze vie pare non ci siano. Come dire, esiste l'Islam e anche l'Islam moderato, da ciò parrebbe di evincere che il primo, ossia l'Islam base, l'islam maggiorata, sia in qualche modo facinoroso, malevolo, comunque sospetto, e solo un derivato dell'Islam base sarebbe olrait...Come se i cristiani di tutto il mondo venissero definiti moderati perché in Irlanda v'è una minoranza di tali, facinorosi e dediti al bombi e fuggi. Se fossi mussulmano mi incinghialerei. Corretto sarebbe dire, o Prodi e gli altri tuoi colleghi frasifattisti, che vi parete nel giuste, questo è un attacco all'Islam e non come hai detto questo è un attacco all'Islam moderato, confessando implicitamente che per voi l'Islam è di fondo fanaticotto. C'è l'islam e una frangia pseudoislamica estremista, cosicché caro Prodi dai una dimensione non fallaci all'Islam di base, ed eviti di fare involontariamente le corna con le mani in tasca. Altro capolavoro derivato: la parola "pacchetto" a riassumere un crogiuolo di leggi ad Pessoa, il pacchetto sicurezza: frasi del genere andrebbero punite con la Pera di morte, o anche con la morte (fisica e non certo politica, ci mancherebbe) di Pera. Si dovrebbe evirare come la peste l'uso di parole che hanno un doppio significato il cui più saltinmentess è quello rozzo e credulone. Ma chi diamine può evitare di pensare a cracker, sigarette, regalini, condomini e compagnia brilla alla parola pacchetto, pur seguita da altre più nobili come "sicurezza"? Alzi la mamma chi non ha provato un seppur blando moto di ironia davanti ai nomi di questi provvedimenti ballanzoni, ancor prima che per la loro sostanza. Ci vuole serietà, punizioni corporali a gogo verso gli sgherri, noi non siamo pe la politica moderata, dunque moderate ir linguaggio, voi che dovreste. Esse politico non significa solo sfregiare ir mondo, il continente, la nazione, la regione o la città che governi, significa anche essere un mafioso che sciogli nell'acido la lingua dei nostri padri, e l'ugola delle nostre madri, assieme alle tonsille. Basta coi "bacini di utenza", lo "spalmare" di marlobrandesca memoria, la "Manovra", il "tavolo di lavoro" (frase che avrebbe il diritto di pronunciare solo un falegname, uno che i suoi soldi se li suda). Basta con altre ignominie degenere. stop the trash e go home. Fine dello scritto politico qualunque.