sabato, settembre 29, 2007

http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/cronaca/cagliari-marijuana/cagliari-marijuana/cagliari-marijuana.html

domenica, giugno 24, 2007

Una scossa alla sinistra dal sindaco d'Italia di EUGENIO SCALFARI L'ULTIMO episodio politico in ordine di tempo è stato l'affondo della sinistra radicale contro Padoa-Schioppa, contenuto in una lettera a Prodi firmata da quattro ministri: Ferrero, Mussi, Bianchi e Pecoraro Scanio. Il segretario della Cgil l'ha commentata con queste parole: "A me pare che nel governo ci sia un problema che riguarda proprio lui (Padoa-Schioppa). L'impressione è che abbia tutti contro, anche l'Associazione dei Comuni protesta contro di lui. Io fin dall'inizio ho avuto la sensazione che lui non volesse l'accordo con noi. La ragione non l'ho capita, ma non credo che sia solo tattica". In realtà la sensazione che abbiamo avuto in molti fin dall'inizio è esattamente l'opposto: che fosse Epifani a non volere l'accordo sulle pensioni e mirasse - fin dall'inizio - a un collateralismo inedito tra Cgil e Rifondazione comunista. Assolutamente inedito: la Confederazione del lavoro esiste da un secolo e non è mai stata alleata con la sinistra massimalista. Se collateralismo c'è stato - e c'è stato - la sponda politica si è costituita con i riformisti del Partito socialista e poi con i riformisti del Pci. Il connubio di queste ultime settimane rappresenta dunque un'anomalia nella storia del maggior sindacato italiano e si può spiegare soltanto con il tentativo di Epifani di riassorbire il sinistrismo radicale della Fiom. Con la conseguenza di scaricare sull'intero mondo del lavoro un conflitto interno alla sua organizzazione e di coinvolgervi la stessa sopravvivenza del governo nazionale. E' augurabile che la tempesta sia superata nella prossima riunione. Probabilmente la soluzione "tecnica" sarà quella di sostituire lo "scalone" con un solo scalino e poi con le "quote". Il linguaggio è cifrato ma significa alzare gradualmente l'età pensionabile adottando una cifra che sia la somma tra l'età e il numero delle annualità contributive versate. Se la quota prescelta fosse per esempio 96 e se le annualità contributive versate fossero 35, si andrebbe in pensione a 61 anni ma anche a 56 anni se i contributi versati fossero 40 invece di 35. Questo tipo di approdo ha comunque un costo che il Tesoro stima in 1.2 miliardi da aggiungere a quelli già previsti fin dall'inizio del negoziato con le parti sociali. E questi sono i soldi aggiuntivi che Prodi sta chiedendo a Padoa-Schioppa. Il ministro del Tesoro probabilmente li troverà, almeno per i primi due esercizi, 2008-2009. Oltre quella data il problema traslocherà dalle spalle di Prodi a quelle di Veltroni poiché tutto fa pensare che in quel momento saremo in piena campagna elettorale. Accetterà la Cgil questa soluzione "tecnica"? Oppure si limiterà a riaffermare che lo "scalone" previsto dalla legge Maroni deve essere abolito, punto e basta, facendosi risucchiare dalla sinistra radicale? Per certi aspetti Epifani ricorda Montezemolo. Il segretario della Cgil vuole riassorbire l'estremismo della Fiom ma rischia d'esser lui riassorbito dal movimentismo dei metallurgici. Simmetricamente Montezemolo vorrebbe riassorbire l'estremismo delle piccole imprese - lo spirito di Vicenza - ma finora è lo spirito di Vicenza che ha riassorbito Montezemolo. Quanto alla sinistra radicale, essa sta giocando sul terreno dei temi sindacali una partita eminentemente politica: la candidatura di Veltroni alla leadership del Partito democratico ha spiazzato molte posizioni, a destra, al centro, a sinistra. Ha spiazzato Berlusconi, Casini, Rutelli, Fassino e anche tutta l'ala radicale dell'Unione. Un partito riformista proiettato verso l'obiettivo del 35 per cento dal consenso elettorale, con un bacino potenziale che potrebbe arrivare addirittura al 40 preoccupa molto l'area che va da Mussi a Rifondazione comunista. Di qui la necessità di battere un colpo ed acquistare una visibilità notevolmente offuscata, come hanno dimostrato le recenti elezioni amministrative. Il tema delle pensioni e delle risorse da destinare al potere d'acquisto dei redditi meno abbienti rappresenta il terreno ideale per un tentativo di riconquista del cosiddetto movimento. Ecco la non recondita ragione per la quale lo scontro tra il ministro del Tesoro e sinistra radicale e sindacale ci conduce ad esaminare la scesa in campo di Walter Veltroni e gli effetti che fin d'ora ne derivano. * * * Una volta tanto cominciamo dagli effetti anziché dalle cause. Sono sotto gli occhi di tutti: la sua candidatura ha rincuorato una parte notevole dei "disincantati" del centrosinistra, quella massa di elettori dell'Ulivo che nelle recenti amministrative hanno preferito disertare le urne per mandare un segnale senza con questo passare all'antipolitica o addirittura dall'altra parte dello schieramento politico. La scossa è stata forte, il segnale è arrivato. Si poteva temere che l'annuncio della candidatura di Veltroni non fosse sufficiente a scuotere l'apatia dei "disincantati". Invece l'atmosfera politica è cambiata di colpo. Si direbbe che i "disincantati" non aspettassero altro. Gli ultimi sondaggi registrano un salto di dieci punti nelle intenzioni di voto in favore del nascituro Partito democratico, dal 25 al 35 per cento con l'Unione che ha di nuovo superato lo schieramento di centrodestra. Riemerge con gran forza il problema se, nelle nuove condizioni, sia ancora ripresentabile la candidatura di Berlusconi. La nuvola di tempesta tende ora a spostarsi verso Arcore e questa è un'altra novità. Gli scettici ad oltranza concentrano le loro critiche sull'eccesso di unanimismo che attornia il sindaco di Roma, propostosi come sindaco d'Italia. Secondo loro le primarie che si terranno il 14 ottobre per eleggere il leader del Partito democratico e nello stesso tempo i delegati all'Assemblea costituente che dovrà dare forma e struttura al nuovo partito, si trasformeranno in un plebiscito. Sempre secondo loro il plebiscito non serve a costruire una leadership. In teoria hanno ragione ma in pratica hanno torto. Non considerano che un plebiscito non è neppure pensabile se una leadership non esiste già. Il plebiscito non è che la ratifica popolare d'una leadership già esistente, che è appunto il caso di Veltroni. Ancora una volta D'Alema l'ha capito per primo ed è lui che ha fatto la prima mossa per disincagliare il Partito democratico dalle secche in cui si era arenato. Probabilmente altre candidature ci saranno alle primarie del 14 ottobre, ma serviranno soltanto a posizionare alcune correnti all'interno della Costituente. Operazione rischiosa, con la testa rivolta all'indietro verso ricordi identitari e ideologie che il nuovo partito dovrebbe invece superare. Del resto il tandem Veltroni-Franceschini è già una risposta al pericolo di perpetuare la distinzione tra Ds e Margherita. E' un tandem messo in campo proprio per superare quella dicotomia originaria, non certo per perpetuarla. Un tandem operativo e non ideologico. Qualcuno ha scritto che con Veltroni si passerà dalla politica degli "aut-aut" a quella degli "et-et", cioè dall'ideologia al pragmatismo delle cose da fare. Mi sembra che questa formulazione sia appropriata al tandem Veltroni-Franceschini. Ed è quella di cui il paese ha bisogno. Dico tuttavia che questa strategia degli "et-et" non è affatto lontana da quella che sempre è stata auspicata e praticata da Prodi. Eppure Prodi è avvolto da una nube di ostilità mentre la popolarità di Veltroni si trova al culmine dei consensi. Come mai? Capacità di comunicazione a parte, come mai? Ecco una bella domanda cui rispondere. * * * Secondo me la risposta è molto semplice. Prodi, uomo senza partito, è stato il candidato d'una coalizione di partiti ormai arrivati al capolinea, indipendentemente dalla loro storia, dalla qualità morale e intellettuale dei loro dirigenti, dal loro radicamento sul territorio. Nessuno di quei partiti aveva più un orizzonte davanti a sé, nessuno poteva illudersi di creare un orizzonte nuovo e perseguirlo da solo. Da solo poteva soltanto immaginare che portare avanti lotte di potere, complicate ipotesi di nuovi schieramenti, scomposizione e ricomposizione di sigle e correnti o infine - per quanto riguarda i piccoli e piccolissimi - il ricatto di mandare in crisi il governo data la scarsissima maggioranza al Senato. Quindi ricerca perenne di visibilità, perenne litigiosità all'interno della maggioranza e del governo, discredito sempre più diffuso nella pubblica opinione. Di tutto ciò Prodi ha pagato il conto, ma non lui soltanto; l'ha pagato l'intera coalizione in quanto tale e quindi la governabilità del paese. Questa classe di governo ha comunque prodotto, nonostante le difficilissime condizioni esistenti e in larga misura auto-create, alcuni risultati positivi che emergeranno se e quando il polverone che staziona da tempo sull'operato del governo si dissiperà. Continuo a pensare che la Finanziaria del 2007 sia stata importante per aver rimesso in piedi la finanza pubblica, avere incentivato la produttività delle imprese con lo sgravio dell'Irap, avere avviato una politica di redistribuzione che ora dovrebbe passare da un livello simbolico ad un livello effettivo. Infine questa classe di governo "moritura" (come i "morituri" di Palazzo Carignano, il vecchio Parlamento piemontese che proclamò la nascita dello Stato italiano) ha immaginato e perseguito la creazione del Partito democratico affrontando il giudizio di una platea di elettori nuovi, attivi, decisi a superare e anzi a sotterrare le vecchie nomenclature. Ne va dato merito a entrambi i gruppi dirigenti dei due partiti promotori e in modo particolare a Fassino e a Rutelli. Resta una domanda: riguarda il paese, la sua fibra morale, la sua passività e reattività. Finora le prove non sono state esaltanti. Potranno migliorare? * * * Si è sempre detto che in democrazia si possono cambiare e alternare i gruppi dirigenti, ma non si può chiedere al popolo di dimettersi. Ovviamente è così. Ma che cos'è il popolo se non la sua classe dirigente nel senso più ampio del termine: politici, amministratori, imprenditori, intellettuali, ricercatori, professionisti, scuola, Università? Si dice anche: ogni popolo ha la classe dirigente che si merita, ma questo è sbagliato. Questo modo di dire va capovolto: ogni classe dirigente ha il popolo che si merita. Se il popolo si comporta male rispetto alla responsabilità del proprio presente e del proprio futuro, dipende dal fatto che la classe dirigente non fornisce l'esempio dovuto. Nella storia è sempre stato così e penso proprio che sempre così sarà. La classe dirigente italiana, salvo brevi intervalli e poche luminose figure, ha avuto scadente qualità. Il trasformismo del piccolo cabotaggio è stato pratica diffusa e così la corruttela politica, la cupidigia, l'esercizio del potere usato prevalentemente per mantenere il potere, la mancanza di carattere, il servilismo e il ribellismo a corrente alternata. L'impunità. Questi difetti sono presenti in tutte le classi dirigenti, non si può infatti immaginarne una composta di angeli o di filosofi stoici. Platone la vagheggiò. Marc'Aurelio altrettanto. Ma si sa come finirono quelle utopie. Il guaio accade quando quei difetti fisiologici diventano patologia. In Italia questa discesa di livello è avvenuta più spesso che altrove ed ora il compito che incombe soprattutto ai giovani è di ricondurre la qualità della classe dirigente e i suoi difetti nell'ambito della fisiologia, di modo che possano anche rifulgere le qualità che certamente essa possiede. * * * I difetti e le patologie dei politici le conosciamo ampiamente. Non si fa che discuterne da tempo. Non abbastanza, secondo me, quelle di altri settori della classe dirigente. Penso per esempio alla questione delle tasse che da anni infiamma l'Italia. So bene di toccare un nervo scoperto, ma che altro sarebbe la professione che faccio se non quella di toccare i nervi più sensibili per capire la natura di ciò che avviene? Le tasse. Sono troppo alte. Tutti lo sanno e lo dicono. Le spese sono troppo alte, tutti lo sanno e lo dicono. L'evasione fiscale è troppo alta, tutti lo sanno e lo dicono. Padoa Schioppa e Visco (i due nomi più impopolari d'Italia) l'hanno quantificata sulla scorta dei dati Istat: 100 miliardi di imposte evase, più di 300 miliardi di imponibile che sfugge al fisco. Tutti sono d'accordo di combatterla. Da qualche parte l'evasione starà. Ebbene, l'evasione sta dovunque l'imposta non sia trattenuta alla fonte. Non dico con questo che i lavoratori dipendenti siano dei santi. Dico che il reddito da lavoro dipendente è il solo che non sfugge e non può sfuggire. I lavoratori dipendenti sono 20 milioni di persone. I pensionati sono 16 milioni. Il lavoro autonomo in tutte le sue forme occupa 4 milioni di persone. Anche i lavoratori dipendenti e i pensionati spesso fanno doppio lavoro e il loro secondo lavoro assume forme autonome o addirittura sommerse. Queste sono le quantità ed è ovvio che l'evasione sta interamente nei redditi che non hanno un sostituto d'imposta. Dove si deve cercare allora l'evasione? Sulla luna? Negli scorsi giorni non ho trovato un solo giornale che aprisse la prima pagina sulle dichiarazioni dei redditi autonomi pubblicate dall'Istat. Salvo due volte "Repubblica" e una volta "La Stampa". Grandi titoli invece alle proteste (e i fischi al governo) dei commercianti, degli artigiani, dei professionisti. Le tabelle dei ridicoli redditi dichiarati nelle pagine interne, i fischi in prima pagina e spesso in apertura di pagina. Poiché faccio questo mestiere auspico che anche i giornalisti, che fanno parte anch'essi della classe dirigente, correggano alcuni dei loro evidenti errori e non soltanto gli errori degli altri. Sparare la notizia dell'uomo che morde il cane è sacrosanto ma quali sono l'uomo e il cane della metafora? Bastonare sempre e comunque il governo non è più una notizia. Bastonare la politica e gli uomini politici non è più da tempo una notizia. Bastonare il cane che affonda è semplicemente sadismo (metaforico). Perciò io continuo a difendere Prodi, Padoa Schioppa e Visco. E Bersani. Poiché fischiarli è ormai come un cane che morde l'uomo, io mi metto nell'angolo opposto. Del resto i buoni giornalisti hanno sempre fatto così. (24 giugno 2007)

mercoledì, giugno 06, 2007

MISSING If you have any information about her whereabouts, please contact Crimestoppers on 0800 555 111 UK +441883731336 Outside UK Please Help

sabato, aprile 14, 2007

stasera cenetta al fight club

domenica, aprile 08, 2007

La guerra del curry tra Mario e Samad Forse era il riso fritto. O il cocktail di spezie del chicken biriani. Di certo, c'era anche, onnipresente, l'odore del curry. Il curry nella cucina bengalese è un po' dappertutto, come e più del prezzemolo nella nostra. Fatto sta che Carlo non è un estimatore della gastronomia orientale. Quello che per il bengalese Samad è sublime fragranza, preannuncio di delizie per il palato, per lui è insopportabile puzza. Saremmo nell'ambito dei gusti personali - sui quali come è noto 'non est disputandum' - se l'incompatibilità olfattiva tra Carlo e Samad, a un certo punto non fosse diventata uno dei casi esaminati e istruiti dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Non solo. E' stata anche citata nel "Rapporto 2006" dell'Unar. Precisamente nel capitolo dedicato ai conflitti maturati nell'ambito della casa e del vicinato. Rispetto all'anno precedente sono aumentati in modo allarmante: il venticinque per cento in più. Se si considera che la stessa strage di Erba può essere considerata l'esplosione sanguinaria di un conflitto condominiale alimentato anche da pregiudizi di carattere culturale e razziale, si comprende perché val la pena di ragionare su questa lite al curry. A segnalare il problema, nel gennaio del 2005, è una signora italiana che ha affittato la sua casa - un appartamento in una zona periferica di Roma - a Samad e famiglia. La donna fa sapere che i suoi inquilini si sono lamentati con lei per le minacce e gli insulti che hanno subito dal loro vicino romano, Carlo, che li accusa di produrre con la loro cucina "odori insopportabili". La funzione dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali non è solo quella di raccogliere le denunce. Quando lo ritiene opportuno e possibile, svolge anche un'attività di conciliazione tra le parti. E così si regola nella vicenda di Carlo e Samad. Ma quando, dopo tre settimane, prende contatto con la proprietaria dell'appartamento, la signora fa sapere che i suoi inquilini bengalesi sono contrari a qualunque intervento. Temono di peggiorare la situazione irritando l'alquanto irascibile Carlo. Sbagliano. Perché dopo altri due mesi è proprio Carlo - evidentemente in preda a una sindrome da soffocamento da spezie orientali - che decide di agire e, attraverso un avvocato, invia alla signora, nella sua qualità di proprietaria dell'appartamento, una diffida "finalizzata a interruzione ed eliminazione dei disagi denunciati". Cioè della puzza. Come si vede, la faccenda sta diventando seria: siamo agli avvocati che, è vero, sono sempre meglio di un colpo d'ascia, ma, considerando i tempi della nostra giustizia, a volte riescono solo a rinviarlo. L'Unar così decide di convocare Samad e si prepara - sempre nella prospettiva di chiudere il caso in modo amichevole - a fare altrettanto con Mario. Ed ecco il colpo di scena: quando il bangalese Samad si presenta negli uffici, comunica che la controversia condominiale si è risolta. Oggi è Pasqua è questa è una storia a lieto fine. Ma cosa è accaduto? Samad ha invitato Carlo a cena e gli ha fatto assaggiare il prodotto di quegli odori convertendolo al curry? O, viceversa, Carlo ha trasmesso a Samad le delizie della cucina romanesca e così, nell'aere condominiale, agli effluvi orientali si sono sostituiti quelli rassicuranti del soffritto di cipolla e dell'amatriciana? O i due hanno trovato una mediazione tra il sofisticato chicken biriani e il banale pollo arrosto, per esempio nel pollo coi peperoni? Niente di tutto questo: Samad ha acquistato una nuova e più efficiente cappa. A volta, nell'incontro tra culture, un sano pragmatismo è meglio di qualunque discorso.

sabato, aprile 07, 2007

venerdì, marzo 30, 2007

DICHIARIAMO GUERRA All’università italiana: - al “3+2”, che ha segnato un punto di svolta cruciale nel processo di decadimento del sistema universitario italiano; - ai tagli agli investimenti voluti da questo governo col decreto Bersani-Visco prima e con la finanziaria di Padoa-Schioppa poi; - ai disservizi per gli studenti che ormai hanno abbassato il livello dei nostri atenei a quello di paesi sottosviluppati; - alla creazione, de facto, di università di serie A e di serie B, voluta dai poteri forti della confindustria e della finanza internazionalista e avallata tanto dal governo di centro destra quanto da quello di centro sinistra. Alla tracotanza dei baroni: - alla lobby che hanno creato all’interno degli atenei e nei gruppi di potere, una lobby che impedisce ogni cambiamento e miglioramento del sistema universitario che vada a ledere i privilegi vergognosi di cui godono i “baroni”; - al nepotismo imperante nei sistemi di reclutamento e affidamento d’incarichi, che chiude le porte ai più meritevoli e le spalanca ai figli dei soliti noti, oggi più che mai i concorsi sono manovrati ed indirizzati a favore dei figli o dei prediletti dei baroni, e non servivano le Iene o l’Espresso per farcelo scoprire; Ai sindacati asserviti: - alle logiche partitiche e spartitorie, che da decenni ormai dividono più o meno equamente appalti, incarichi, posti di lavori; - agli scioperi fatti su richiesta dei referenti politici e non in base al reale disagio e degrado delle condizioni di lavoro, non uno sciopero contro i baroni che truccano i concorsi lasciando a casa lavoratori più meritevoli; - al disinteresse con cui viene considerato il precariato dei lavoratori nel mondo universitario; Agli studenti imborghesiti: - ai ragazzi che vivono l’università come un esamificio dal quale uscire il prima possibile con un “pezzo di carta” che di anno in anno diventa sempre più inutile; - ai ragazzi che non lottano per le proprie idee, ma più ancora ai ragazzi che non hanno idee perché sono ormai obnubilati dai cliché stile Grande Fratello, che vogliono le nuove generazioni sempre più imbelli e accondiscendenti; - ai ragazzi che scambiano l’impegno nella politica universitaria come trampolino di lancio per carriere politico-partitiche in tutto e per tutto simili a quelle dei politicanti che vediamo ogni giorno nel teatrino parlamentare. Contro questo status quo, si schiera Altaforte-Destra universitaria con i suoi militanti che quotidianamente vivono il disagio ed il degrado dell’università; fuori da logiche partitiche, da interessi di bottega, oltre gli schemi desueti, contro il potere costituito. Altaforte-Destra universitaria rilancia oggi la sua battaglia negli atenei italiani, per gettare le basi per la ricostruzione nazionale che non può prescindere da chi, un domani forse, sarà classe dirigente di questo paese. Una dichiarazione di guerra, politica, ad un mondo, quello accademico, ad uno stile di vita, quello liberal-capitalista-consumista, ai bastioni del privilegio e del degrado che sono le nostre università. Laddove ne avremo la possibilità e la forza sufficiente, denunceremo il malcostume, l’illegalità, il degrado; ove ce ne sarà data la possibilità faremo sentire la nostra voce con proposte serie e fattive, senza proclami demagogici, poiché non promettiamo niente, nessun vantaggio, nessun posto di lavoro, nessun privilegio. Tutti coloro i quali, siano essi studenti, docenti, ricercatori o personale tecnico amministrativo, vogliono provare a cambiare le cose e si riconoscono nelle nostre posizioni saranno benvenuti, c’è molto da fare, poco tempo per farlo, molti ostacoli da superare.

lunedì, marzo 26, 2007

L'amministrazione americana trattò in Iraq con i ribelli. A rivelarlo è l'ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq, Zalmay Khalilzad che ha «confessato» al New York Times di aver incontrato rappresentanti di gruppi insorti sunniti iracheni in vista della formazione del governo dopo le elezioni parlamentari irachene del dicembre 2005. «Ci sono state discussioni con i rappresentanti di vari gruppi dopo le elezioni e durante la formazione del governo, prima dell'episodio di Samarra (l'attentato compiuto da terroristi sunniti al santuario sciita della Moschea d'Oro nel febbraio 2006, che ha inasprito il conflitto fra sciiti e sunniti, ndr), e anche alcuni incontri in seguito», ha detto Khalilzad al quotidiano statunitense - leggibile nell'edizione online - dalla sua residenza nella Zona Verde di Baghdad. E' la prima volta, sottolinea il giornale americano, che un responsabile dell'amministrazione statunitense afferma pubblicamente di aver avuto colloqui con quelli che il quotidiano Usa chiama "insurgents": ribelli, insorti, terroristi, resistenti. Questi incontri sono cominciati all'inizio del 2006 e sono stati i primi tentativi di ottenere contatti permanenti tra gli alti responsabili americani a Baghdad e gli insorti sunniti. L'ambasciatore Zhalilzad, che a giorni lascerà Baghdad per diventare il prossimo rappresentante degli Usa alle Nazioni Unite, andò in Giordania, rivela il New York Times, per aver dei colloqui con i rappresentanti di due influenti fazioni nazionaliste: quelli dell'Esercito Islamico dell'Iraq e delle Brigate Rivoluzionarie 1920. Ma sugli incontri il diplomatico preferisce non entrare nei dettagli. Mentre altri ufficiali Usa in Iraq, che preferiscono l'anonimato, racconta il Nyt, ammettono di essere venuti a conoscenza di colloqui con alcuni rappresentanti degli insorti addirittura nell'autunno del 2005. E i gruppi contattati, a differenza di al Qaida in Mesopotamia e di altre sigle, sono iracheni, non hanno capi e combattenti stranieri. L'apertura di Khalilzad agli insorti, nota il giornale, sembra contraddire con la posizione ufficiale dell'amministrazione Bush, che fa professione di intransigenza e sposa la line della non trattativa, e non è chiaro se l'ambasciatore abbia chiesto l'autorizzazione a Washington per condurre i colloqui, improntati, nota il New York Times, al senso di realismo e flessibilità, finalizzati a calmare la violenza. Khalilzad nell'intervista, facendo prova di pragmatismo, ribadisce la sua posizione favorevole ad un'amnistia per gli insorti, che - annuncia - verrà fatta dal governi iracheno e statunitense. I contatti ebbero però alla lunga l'effetto di accrescere la tensione con gli sciiti, che accusarono Khalizad di essere intimamente filo-sunnita in quanto di origini afghane. Ed inoltre non ebbero l'effetto sperato di calmare la violenza settaria: «Credo che non è andata come avremmo voluto», dice al Nyt Khalilzad, aggiungendo che «secondo me il fattore che ha complicato il tutto sia stata l'intensificazione della violenza settaria, in particolare dopo Samarra». EH EH EH IO

martedì, febbraio 27, 2007

EDGE! FAI UN LAVORETTO FATTO BENE A PAPA'!

sabato, febbraio 17, 2007

ma che è sta pianta de merda?

beccatevi medioman

le cipolle causa di ogni male per il fight club

sabato, gennaio 20, 2007

IL CONTRATTACCO Moggi: 'L'Inter è la vera cupola' Luciano, nuovo opinionista di punta del programma radio 'Che Kalcio', non risparmia frecciate: 'Ci sono stati 17 giocatori squalificati per le squadre che hanno affrontato subito dopo i nerazzurri. A nostro favore ce n'erano stati molti meno. Non eravamo noi a comandare" IL CONTRATTACCO Napili, 18 gennaio 2007 - "A questo punto della stagione ci sono stati 17 giocatori squalificati per le squadre che hanno affrontato subito dopo l'Inter. A nostro favore ce n'erano stati molti meno". Cosi' Luciano Moggi, nuovo opinionista di punta di 'Che Kalcio', il programma radiofonico in onda prossimamente su Radio Kiss Kiss, attacca l'Inter e afferma: "Questo dato significa che non eravamo io e Giraudo la cupola, ma e' questa la vera cupola". E' stata presentata la nuova trasmissione di Radio Kiss Kiss "Che Kalcio!" che andra' in onda ogni domenica a mezzogiorno e il martedi' dalle 13 alle 14). A condurla sara' Walter De Maggio che avra' in studio Luciano Moggi. "E' un emozione nuova per me - ha detto Moggi - una cosa che faccio con entusiasmo, penso di poter dare il mio contributo calcistico con la mia esperienza". Moggi si occupera' tra le altre cose di una rubrica denominata "La griglia" nella quale dara' le possibili designazioni arbitrali del turno successivo di campionato. In un'altra rubrica l'ex dg della Juve dara' suggerimenti ai radioascoltatori in merito alle partite sulle quali scommettere.