DICHIARIAMO GUERRA All’università italiana: - al “3+2”, che ha segnato un punto di svolta cruciale nel processo di decadimento del sistema universitario italiano; - ai tagli agli investimenti voluti da questo governo col decreto Bersani-Visco prima e con la finanziaria di Padoa-Schioppa poi; - ai disservizi per gli studenti che ormai hanno abbassato il livello dei nostri atenei a quello di paesi sottosviluppati; - alla creazione, de facto, di università di serie A e di serie B, voluta dai poteri forti della confindustria e della finanza internazionalista e avallata tanto dal governo di centro destra quanto da quello di centro sinistra. Alla tracotanza dei baroni: - alla lobby che hanno creato all’interno degli atenei e nei gruppi di potere, una lobby che impedisce ogni cambiamento e miglioramento del sistema universitario che vada a ledere i privilegi vergognosi di cui godono i “baroni”; - al nepotismo imperante nei sistemi di reclutamento e affidamento d’incarichi, che chiude le porte ai più meritevoli e le spalanca ai figli dei soliti noti, oggi più che mai i concorsi sono manovrati ed indirizzati a favore dei figli o dei prediletti dei baroni, e non servivano le Iene o l’Espresso per farcelo scoprire; Ai sindacati asserviti: - alle logiche partitiche e spartitorie, che da decenni ormai dividono più o meno equamente appalti, incarichi, posti di lavori; - agli scioperi fatti su richiesta dei referenti politici e non in base al reale disagio e degrado delle condizioni di lavoro, non uno sciopero contro i baroni che truccano i concorsi lasciando a casa lavoratori più meritevoli; - al disinteresse con cui viene considerato il precariato dei lavoratori nel mondo universitario; Agli studenti imborghesiti: - ai ragazzi che vivono l’università come un esamificio dal quale uscire il prima possibile con un “pezzo di carta” che di anno in anno diventa sempre più inutile; - ai ragazzi che non lottano per le proprie idee, ma più ancora ai ragazzi che non hanno idee perché sono ormai obnubilati dai cliché stile Grande Fratello, che vogliono le nuove generazioni sempre più imbelli e accondiscendenti; - ai ragazzi che scambiano l’impegno nella politica universitaria come trampolino di lancio per carriere politico-partitiche in tutto e per tutto simili a quelle dei politicanti che vediamo ogni giorno nel teatrino parlamentare. Contro questo status quo, si schiera Altaforte-Destra universitaria con i suoi militanti che quotidianamente vivono il disagio ed il degrado dell’università; fuori da logiche partitiche, da interessi di bottega, oltre gli schemi desueti, contro il potere costituito. Altaforte-Destra universitaria rilancia oggi la sua battaglia negli atenei italiani, per gettare le basi per la ricostruzione nazionale che non può prescindere da chi, un domani forse, sarà classe dirigente di questo paese. Una dichiarazione di guerra, politica, ad un mondo, quello accademico, ad uno stile di vita, quello liberal-capitalista-consumista, ai bastioni del privilegio e del degrado che sono le nostre università. Laddove ne avremo la possibilità e la forza sufficiente, denunceremo il malcostume, l’illegalità, il degrado; ove ce ne sarà data la possibilità faremo sentire la nostra voce con proposte serie e fattive, senza proclami demagogici, poiché non promettiamo niente, nessun vantaggio, nessun posto di lavoro, nessun privilegio. Tutti coloro i quali, siano essi studenti, docenti, ricercatori o personale tecnico amministrativo, vogliono provare a cambiare le cose e si riconoscono nelle nostre posizioni saranno benvenuti, c’è molto da fare, poco tempo per farlo, molti ostacoli da superare.
venerdì, marzo 30, 2007
lunedì, marzo 26, 2007
L'amministrazione americana trattò in Iraq con i ribelli. A rivelarlo è l'ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq, Zalmay Khalilzad che ha «confessato» al New York Times di aver incontrato rappresentanti di gruppi insorti sunniti iracheni in vista della formazione del governo dopo le elezioni parlamentari irachene del dicembre 2005. «Ci sono state discussioni con i rappresentanti di vari gruppi dopo le elezioni e durante la formazione del governo, prima dell'episodio di Samarra (l'attentato compiuto da terroristi sunniti al santuario sciita della Moschea d'Oro nel febbraio 2006, che ha inasprito il conflitto fra sciiti e sunniti, ndr), e anche alcuni incontri in seguito», ha detto Khalilzad al quotidiano statunitense - leggibile nell'edizione online - dalla sua residenza nella Zona Verde di Baghdad. E' la prima volta, sottolinea il giornale americano, che un responsabile dell'amministrazione statunitense afferma pubblicamente di aver avuto colloqui con quelli che il quotidiano Usa chiama "insurgents": ribelli, insorti, terroristi, resistenti. Questi incontri sono cominciati all'inizio del 2006 e sono stati i primi tentativi di ottenere contatti permanenti tra gli alti responsabili americani a Baghdad e gli insorti sunniti. L'ambasciatore Zhalilzad, che a giorni lascerà Baghdad per diventare il prossimo rappresentante degli Usa alle Nazioni Unite, andò in Giordania, rivela il New York Times, per aver dei colloqui con i rappresentanti di due influenti fazioni nazionaliste: quelli dell'Esercito Islamico dell'Iraq e delle Brigate Rivoluzionarie 1920. Ma sugli incontri il diplomatico preferisce non entrare nei dettagli. Mentre altri ufficiali Usa in Iraq, che preferiscono l'anonimato, racconta il Nyt, ammettono di essere venuti a conoscenza di colloqui con alcuni rappresentanti degli insorti addirittura nell'autunno del 2005. E i gruppi contattati, a differenza di al Qaida in Mesopotamia e di altre sigle, sono iracheni, non hanno capi e combattenti stranieri. L'apertura di Khalilzad agli insorti, nota il giornale, sembra contraddire con la posizione ufficiale dell'amministrazione Bush, che fa professione di intransigenza e sposa la line della non trattativa, e non è chiaro se l'ambasciatore abbia chiesto l'autorizzazione a Washington per condurre i colloqui, improntati, nota il New York Times, al senso di realismo e flessibilità, finalizzati a calmare la violenza. Khalilzad nell'intervista, facendo prova di pragmatismo, ribadisce la sua posizione favorevole ad un'amnistia per gli insorti, che - annuncia - verrà fatta dal governi iracheno e statunitense. I contatti ebbero però alla lunga l'effetto di accrescere la tensione con gli sciiti, che accusarono Khalizad di essere intimamente filo-sunnita in quanto di origini afghane. Ed inoltre non ebbero l'effetto sperato di calmare la violenza settaria: «Credo che non è andata come avremmo voluto», dice al Nyt Khalilzad, aggiungendo che «secondo me il fattore che ha complicato il tutto sia stata l'intensificazione della violenza settaria, in particolare dopo Samarra». EH EH EH IO
Pubblicato da fight club alle 1:41 PM 0 commenti